Dal 2 al 4 gennaio 2010 in 25 giovani educatori AC e scouts, accompagnati da Don Graziano, ci siamo recati a Bozzolo, in provincia di Mantova, per avvicinarci alla figura di Don Primo Mazzolari, per il quale nel 2009 ricorreva il 50° anniversario della morte.
Bozzolo è un paese di circa 4000 abitanti, collocato nella pianura del Po. Qui Don Primo Mazzolari visse ed esercitò il suo ministero di parroco per ventisette anni.
Questo sacerdote, che ha molto sofferto nella propria vita, anche a causa delle incomprensioni della Gerarchia ecclesiastica di allora verso i suoi scritti e le sue posizioni di radicalità evangelica, ha vissuto il suo ministero di parroco, prima a Cicognara dal 1921 al 1932, poi a Bozzolo fino al 1959 anno della sua morte. Fu parroco nel periodo tormentato dalla fine della prima guerra mondiale, nel corso della quale perse il fratello Peppino e fu cappellano militare al fronte, fino alla ricostruzione e alla guerra fredda che succedettero la seconda guerra.
Fu una presenza carismatica, aperta ed innovativa per quel tempo, ed ancora oggi i suoi numerosissimi scritti sono estremamente attuali; un prete dal “profilo sacerdotale limpido di alta umanità e di filiale fedeltà al messaggio cristiano e alla Chiesa” lo definisce Papa Benedetto XVI.
Come sottolineava il Cardinale Dionigi Tettamanzi nel corso dell’omelia per la celebrazione del 50° anniversario della morte, il 19 aprile 2009, nel profilo sacerdotale di Don Primo sembra davvero centrale l’esperienza della misericordia divina. Nel suo libro “La più bella avventura”, scrive: “L’amore non conosce staccionata: varca ogni siepe, valica ogni montagna (…). Le mura s’arretrano davanti all’amore del Padre. Nessuna tristezza nostra può fermare l’amore di Dio, per cui la chiesa, che è Gesù peregrinante sulla terra, è il fuoco che accende tutto, la paternità che tutto abbraccia. Niente è fuori dalla paternità di Dio; niente è fuori della chiesa. (…) Tutti apparteniamo alla sua maternità, perché apparteniamo all’amore di Cristo. Egli è venuto per tutti, è morto per tutti; non importa se non tutti lo ricevono. Il suo diritto non può essere negato dalla nostra resistenza. Per così poco non disarma l’amore.”
Fu il “parroco dei lontani” come lui stesso si definiva, la verità che sosteneva è che nessuno è escluso ma che di tutti e di ciascuno Dio è Padre amorevole, questo l’ha sostenuto nella sua passione apostolica e in mezzo alle fatiche, alle prove e alle incomprensioni dei tempi difficili in cui è vissuto. “Lui aveva il passo troppo lungo e noi si stentava a tenergli dietro. Così ha sofferto lui e abbiamo sofferto anche noi. E questo è il destino dei profeti” disse di lui Papa Paolo VI.
La nostra riflessione sulla sua testimonianza ha riguardato soprattutto l’aspetto educativo : “Educarsi ed educare alla carità” è stato il tema della nostra tre giorni. “Dio non ha mani perché vuole che io gli impresti le mie, non ha piedi perché vuole camminare con i miei verso la casa del povero, non ha labbra perché vuole le mie parole e i miei baci per chi soffre e muore”, dice Don Primo. E ancora “in terra cristiana, quando i cristiani non hanno cuore è molto difficile vedere Dio. L’uomo che manca all’uomo è ingiusto; il cristiano che manca al cristiano è sacrilego”.
Sono parole molto forti su cui abbiamo meditato e ci siamo confrontati, tornando a casa spronati da questo sacerdote che con lucidità e chiarezza ci indica qual è la strada da percorrere per portare la nostra testimonianza di autentici cristiani, nel nostro servizio con i ragazzi, ma più in generale in tutti i nostri ambienti di vita.