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Diario del mandorlo Riduci
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Mandorlo Riduci
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Riduci
aglio
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Aglio simbolo di pazienza e purificazione Riduci

Pianta perenne con bulbo diviso a spicchi che serve di condimento

 

Approfondimento

Nei confronti sia del suo popolo “dalla dura cervice”, sia delle nazioni peccatrici, Dio si rivela paziente perché li ama e li vuole salvare. L’uomo dovrà imitare questa pazienza divina di cui Gesù dà la rivelazione suprema ed il modello perfetto. Sull’esempio del suo maestro il discepolo dovrà affrontare la persecuzione e le prove con una fedeltà costante e lieta, piena di speranza; più umilmente dovrà pure sopportare ogni giorno i difetti degli altri nella mitezza e nella carità.

La pazienza di Dio. V.T.: Israele nel salmo 103 esprime questa consapevolezza della pazienza di Dio per lui:

Misericordioso e pietoso è il Signore,

lento all’ira e grande nell’amore

Non è in lite per sempre

Non rimane adirato in eterno.

Non ci tratta secondo i nostri peccati

E non ci ripaga secondo le nostre colpe”

Questa pazienza di Dio non è mai debolezza, ma appello alla conversione, Isaia 55,6

Cercate il Signore mentre si fa trovare,

invocatelo mentre è vicino “

La pazienza di Gesù. N.T. : con il suo atteggiamento nei confronti dei peccatori e con i suoi insegnamenti Gesù incarna la pazienza divina, rimprovera i suoi discepoli impazienti e vendicativi.

Il coraggio di Gesù, nella sua passione, diventerà il modello di ogni pazienza per l’uomo esposto alle persecuzioni, ma che comincia a comprendere ora il significato e il valore redentore di queste sofferenze.

Anche la pazienza di Gesù con i discepoli e con tutti gli uomini è appello alla conversione, è pazienza per la salvezza. La pazienza di Dio attraverso Gesù vuole scalfire i cuori induriti.

Gesù percorreva le strade sanando e perdonando i peccati.

 

La pazienza dell’uomo. L’uomo deve ispirarsi alla pazienza di Dio ed a quella di Gesù. Nella sofferenza e nella persecuzione permesse da Dio, l’uomo deve attingere la sua forza in Dio stesso che gli dà la speranza e la salvezza; nella vita quotidiana la sua pazienza verso i suoi fratelli sarà una degli aspetti del suo amore per essi.

Questa pazienza è un frutto dello Spirito Santo Galati 5,11.

“Il frutto dello Spirito invece è amore, pace, gioia, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé”

Di fronte ai suoi fratelli che lo irritano, il sapiente si ricorderà che

vale più un uomo paziente che un eroe,

un uomo padrone di sé che un espugnatore di città” (Prov. 16,32)

Gioite nella speranza, siate pazienti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera”. Rom. 12,12

 

La pazienza è il midollo della carità: perché la carità non è senza pazienza, né pazienza senza carità”. (Santa Caterina da Siena).

 

 

Perla

 

La bellezza del lavoro manuale,

del lavoro fatto con le nostre mani,

attraverso le nostre mani.

 

L’assiduità di quel fare creativo,

il desiderio di realizzare,

il pensiero rivolto a chi attende bisognoso.

 

Ecco la volontà di fare,

ecco la pazienza di disfare e rifare

ecco gli umani limiti del procedere manualmente.

 

La pazienza è coraggio di continuare

La pazienza è mano che solleva

La pazienza è conforto.

 

 

Una nonna raccomanda, calorosamente, ai suoi nipoti: “imparate un lavoro manuale esso vi accompagnerà per la vita e vi sarà utile soprattutto nella vecchiaia. Vi farà sentire utili, scaccerà i pensieri e terrà in esercizio le vostre capacità!”.

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Riduci
cucina
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Come dire “ Ti voglio bene Riduci

Dal libro IL PANE DI IERI di Enzo Bianchi priore della comunità monastica di Bose

. La cucina, innanzitutto: un’autentica officina anche nelle famiglie povere come era la mia, in cui si intrecciano acqua, fuochi, aromi, prodotti dell’orto e della campagna, frutti del proprio lavoro ma anche dello scambio con culture più lontane: l’olio, il sale, le acciughe, il tonno….. Sì, la cucina è il luogo che pone un salutare “frattempo” tra i prodotti e il loro consumo, ma ha il pregio di riunire ciò che dalla natura giunge a noi separato e di trasformarlo in modo che la natura sia intersecata dalla cultura. La cucina è la palestra dell’esercizio di tutti i sensi, perché è soprattutto in essa che si impara fin da bambini a distinguere il buono dal cattivo, il duro dal tenero, il dolce dall’amaro: la prima esperienza che noi abbiamo fatto del buono e del cattivo è passata attraverso il cibo, così che per tutta la vita usiamo queste due categorie per definire persone ed eventi.

Io amo cucinare, e lo faccio in un grande silenzio perché cucinare significa pensare, essere consapevoli, essere presenti e avere un forte senso della realtà e degli altri per i quali si cucina. Cucinando si è obbligati a una unificazione di aspetti molteplici: le leggi culinarie, le attese di chi mangerà, la conoscenza dei prodotti, l’esperienza del fuoco, dell’acqua, del tempo….Operazione straordinaria che rende intelligenti.

Pochi ci pensano, ma il cibo, come il linguaggio parlato, serve a comunicare, a conoscere e a scambiare le identità perché esprime sì le identità di una terra e della sua cultura, ma sa assumere prodotti che vengono da altri lidi e da altre culture: anche il semplice ragù è tributario di regioni così lontane.

 

Sì, il vero cuoco – al di là del fatto che cucini per un ristorante di fama, per una sperduta trattoria, per qualche amico o semplicemente in famiglia – è una persona che aderisce alla realtà a tal punto da sapere usare con maestria tutti gli elementi naturali, facendo sprigionare il potere dell’acqua, del fuoco, i segreti dell’alchimia culinaria, e tutto questo per procurare piacere. E’ significativo che il verbo latino sapere indichi non solo “avere conoscenza”, ma anche “essere gustoso”e del resto anche in italiano quest’ultima radice accomuna sapere e sapore. Il cuoco allora ha bisogno sì di una conoscenza “tecnica”, ma soprattutto di una conoscenza pratica esercitata da tutti i sensi: quando ha davanti a sé gli alimenti,li guarda, li contempla, li tocca, li adora ,li assaggia… e dovrebbe esercitare non solo la vista, il tatto, l’odorato, il gusto, ma anche l’udito: saper riconoscere, per esempio, lo sfrigolio del burro o lo spumeggiare del vino vivace.

 

 

 

Perla: E’ necessario eseguire ogni lavoro con il tempo che ci vuole. Mai avere fretta. Quando si sbaglia o ci si fa male con gli attrezzi da lavoro (aghi, forbici, …….) si dice che “il lavoro si incarna”.

 

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Lavoro Riduci

Lavoro, servitù o servizio? Nella Bibbia, nell'Antico come nel Nuovo Testamento, il lavoro viene presentato come possibilità per la persona umana di rendere servizio oppure di sottostare a una condizione di schiavitù. La forma più alta del lavoro, nella Bibbia è il «servizio»; la forma degradata è la schiavitù.

Ora qual è la differenza tra il lavoro e la servitù? Questa differenza la vediamo nella bibbia nella storia dell’esodo, il popolo era schiavo in Egitto e Dio lo libera dal faraone e il popolo nel deserto imparerà e servire Dio.

Caratteristiche della schiavitù:

(a) Il fatto che la persona viene sottomessa al lavoro come tale e non ha più alcuna libertà; in altre parole, non può più decidere da se stessa cosa intraprendere, ma decide un altro quel che si deve fare.

(b) La schiavitù elimina la creatività, perché tutto viene determinato da chi ha ordinato il lavoro.

(c) Infine, ed è un punto molto importante: il lavoratore viene sottoposto a delle norme «matematiche», cioè il numero prestabilito di mattoni conta più della persona. Questa è la schiavitù quale la descrive in termini concreti il libro dell'Esodo.

 

Dio promette ad Israele la liberazione

Dio non soltanto prende Israele come suo popolo ma lo farà entrare nella terra promessa, si passa da un rapporto schiavo-padrone, quello che legava israele al faraone, a un rapporto in cui Dio è lo sposo d’Israele.

Il lavoro assume un volto diverso, quello del “servizio”, il popolo serviva Dio.

Le caratteristiche del servizio sono:

  • Libero, viene da Dio

  • Creativo, permette alla persona di esprimersi, decidere

  • Gratuito, ha in sé la ricompensa che è gioia e soddisfazione di quanto fatto

  • Solidale, rivolto agli altri, alla comunità, fatto insieme

Papa Francesco

Lavoro libero:

La vera libertà del lavoro significa che l’uomo proseguendo l’opera del creatore, fa si che il mondo ritrovi il suo fine: essere opera di Dio che nel lavoro compiuto, incarna e prolunga l’immagine della sua presenza nella creazione e nella storia dell’uomo.

 

Lavoro creativo:

Ogni uomo porta in sè una originale e unica capacità di trarre da sé e dalle persone che lavorano con lui il bene che Dio gli ha posto nel cuore. Ogni uomo o donna è “poeta” capace di fare creatività.

 

 

 

Lavoro partecipativo:

per poter incidere nella realtà, l’uomo è chiamato ad esprimere il lavoro secondo la logica che più gli è propria, quella relazionale.

La logica relazionale, cioè vedere sempre nel fine del lavoro il volto dell’altro e la collaborazione responsabile con altre persone.

 

Lavoro solidale

Condivisione

 

 

Perle

 

“il lavoro ci unge di dignità, ci riempie di dignità, ci rende simili a Dio che ha lavorato e lavora sempre…..”

Papa Francesco

 

“Il lavoro è umano solo se intelligente e libero” Paolo VI

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