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Diario del mandorlo Riduci
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Salvia Riduci

7 aprile 2017

 

SALVIA

Simbolo: virtù domestiche

 

Se ne conoscono circa 500 specie. La più nota è la salvia officialis, usata in cucina per dare sapore all’arrosto o ad altre vivande.

  

 

Approfondimento

Simbolo: virtù domestiche

 

Nella Bibbia. La bibbia nomina parecchie virtù e vizi, cioè abitudini la cui acquisizione perfeziona l’uomo o lo degrada. Il suo vocabolario è povero a proposito della virtù e del vizio in generale. Infatti non considerale virtù e i vizi da un punto di vista dell’uomo e del suo perfezionamento, quanto dal punto di vista di Dio e del suo disegno sull’uomo; Dio vuole unire gli uomini a sé e tra loro, e questa comunione esige il loro progresso morale. La virtù è quindi finalizzata alla comunione.

L’uomo perfetto non è colui che si impegna a diventare tale, ma colui che cerca Dio e che, per pervenirvi, segue la via che Dio gli traccia, in una conformità alle sue parole, in una obbedienza ai suoi voleri, in un orientamento profondo e stabile verso di lui. E’ la relazione profonda con Dio che rende l’uomo giusto! E’ la fedeltà a lui dal profondo del cuore!

E’ nel cuore dell’uomo che sta la radice della virtù o del vizio. Perciò è dal profondo del cuore che cuore che bisogna cercare Dio.

  

Gli uomini fanno le leggi, le donne i costumi” (Segur, scrittrice russa)

 

La donna costituisce l’interno della casa; e l’interno della casa è il carattere della popolazione”

(Cesare Cantù storico, filosofo, politico)

 

Gli uomini fanno le opere; ma le donne fanno gli uomini” (Rolland)

 

San Giovanni 19,25:

Presso la croce di Gesù stava sua Madre e la sorella di Sua Madre, Maria di Cleofa e Maria Maddalena.” San Matteo aggiunge: ”vi erano molte donne”.

 

Dove erano gli uomini?

Fu una donna che unse il Suo Corpo a Betania. Fu una donna che asciugò il suo volto sulla

via del Calvario. Furono le donne a piangere quando cadde sotto la croce e vacillò verso il Golgota. E fu una Donna colei che lo portò, che rimase presso di Lui finchè morì. Sia detto a loro credito (le donne) che non fu una donna a tradirLo; nessuna donna fuggì quando fu catturato; né fu una donna a inchiodarlo alla croce o ad aprirGli il costato con una lancia.

 

Padre Alessandro Gervasoni

Perla: “La fatica il Signore la dona”

21 aprile 2017

 

 

ENRICHETTA: “mestolino di Dio”

 

 

Il mestolo utensile da cucina indispensabile per servire in tavola, per distribuire il cibo. E’ il simbolo di Enrichetta Beltrame Quattrocchi. Quarta figlia dei coniugi Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi.

La figlia che “non doveva nascere” rimase poi al fianco dei genitori fino alla morte. “Mestolino di Dio” per evidenziare il sevizio al Vangelo di Enrichetta, che si consacrò a Dio nella famiglia. (Cardinale Sepe)

L’Arrivederci ad Enrichetta!

 Sabato 16 giugno 2012 alle ore 16,20 è volata in cielo Enrichetta Beltrame Quattrocchi, figlia dei Beati Luigi e Maria, sorella di Suor Cecilia,  don Tarcisio (don Tar) e Padre Paolino. Per volontà della famiglia, la notizia della morte è stata data a esequie avvenute.

Enrichetta è venuta alla luce il 6 aprile 1914, dopo una gravidanza, la quarta, che si è svolta senza problemi fino al quarto mese, ma poi si è rivelata a grave rischio di morte per quei tempi, con emorragie continue per placenta previa. Un ginecologo di fama decretò  in quella occasione una duplice sentenza di morte e consigliò senza mezzi termini l’interruzione della gravidanza, per salvare almeno la madre. A fronte dei tali fondati timori,  Luigi e Maria, diafana e anemizzata,  incrociarono i loro sguardi impietriti, li puntarono sul Crocifisso che dominava la parete e, in totale sintonia di fede, opposero il loro inequivocabile “no”.  Era un sì alla vita di Enrichetta.

Don Tarcisio racconta: “Il ginecologo, interdetto e disorientato, in piedi al capezzale di Maria, si rivolge a nostro padre con una replica ancora più esplicita e impietosa: ‘Ma non si rende conto, avvocato, che in questo modo lei si dispone a restar vedovo con tre bambini a cui provvedere?’ (...) Ancora un incrocio di sguardi velati dalle lacrime trattenute a fatica, e senza esitazioni il no rimane no!”. Enrichetta aggiunge: «La risposta negativa data al ginecologo coinvolgeva quasi più nostro padre che la mamma: le conseguenze, infatti, previste dal medico avrebbero pesato moltissimo sì sulla mamma, che avrebbe sacrificato la sua ancor giovane vita, ma mi pare ancor più su nostro padre, che privato della sposa che amava quasi più di se stesso, avrebbe dovuto pensare a tirare su i tre piccoli virgulti di 8, 6 e 4 anni».

Redi Maghenzani, il regista dello spettacolo “Un’aureola per due” descrive la scena: “Una cappa di piombo incombe su tutta la famiglia. Unica fonte di luce la illimitata fiducia in Dio e nella santissima Vergine. La piena, totale comunione dei due cuori si fa più salda che mai.” Infatti quel periodo fu considerato a distanza da tutta la famiglia come una riserva di grazie, tant’è che quando Enrichetta ricordava alla mamma le sofferenze patite per la sua nascita, Maria la correggeva lodando piuttosto la prodigalità di Dio.

Enrichetta, la figlia che non doveva nascere, è stata la più longeva e soprattutto è rimasta al fianco dei genitori, assistendoli fino alla morte, nella sua consacrazione laica a Dio. E’ stata anche un richiamo luminoso per i fratelli, don Tarcisio e Padre Paolino, quando i genitori non c’erano più e la casa di via Depretis continuava ad essere meta di amici, ammiratori, sposi desiderosi di vivere una più profonda spiritualità coniugale e familiare.

Centro Ricerche Personaliste di Teramo

 

Da “Notizie dal vaticano”

Festeggiare i cento anni dalla nascita di Enrichetta significa anche festeggiare la vita, vita che Enrichetta ha vissuto fino in fondo sulla scia dei Beati genitori Luigi e Maria.

 

 

 

28 aprile 2017

 

 

Il grembiule

 
 

Il grembiule è quell’indumento che copre la parte anteriore del vestito, dal petto o dalla vita in giù usato da chi fa lavori domestici o altri lavori in cui ci si possa sporcare.

In Giovanni 13, 4-5 Gesù usa questo indumento per lavare i piedi ai discepoli: “si alzò da tavola, deposte le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto.”

A tal proposito Don Tonino Bello scrive:

Stola e grembiule

Forse a qualcuno può sembrare un’espressione irriverente, e l’accostamento della stola con il grembiule può suggerire il sospetto di un piccolo sacrilegio.

Si, perché di solito la stola richiama l’armadio della sacrestia, dove con tutti gli altri paramenti sacri, profumata d’incenso, fa bella mostra di sé, con la sua seta ed i suoi colori, con i suoi simboli ed i suoi ricami. Non c’è novello sacerdote che non abbia in dono dalle buone suore del suo paese, per la prima messa solenne, una stola preziosa.

Il grembiule, invece, ben che vada, se non proprio gli accessori di un lavatoio, richiama la credenza della cucina, dove, intriso di intingoli e chiazzato di macchie, è sempre a portata di mano della buona massaia. Ordinariamente non è articolo da regalo: tanto meno da parte delle suore, per un giovane prete. Eppure è l’unico paramento sacerdotale registrato nel vangelo. Il quale vangelo, per la messa solenne celebrata da Gesù il Giovedì Santo, non parla né di casule, né di ammiti, né di stole, né di piviali.

Parla di questo panno rozzo che il Maestro si cinse ai fianchi con un gesto squisitamente sacerdotale.

 

Chi sa che non sia il caso di completare il guardaroba delle nostre sacrestie con l’aggiunta di un grembiule tra le dalmatiche di raso e le pianete, tra i veli omerali di broccato e le stole a lamine d’argento!

 

La cosa più importante comunque, non è introdurre il grembiule nell’armadio dei paramenti sacri, ma comprendere che la stola e il grembiule sono quasi il diritto e il rovescio di un unico simbolo sacerdotale. Anzi, meglio ancora, sono come l’altezza e la larghezza di un unico panno di servizio: il servizio reso a Dio e quello offerto al prossimo. La stola senza il grembiule resterebbe semplicemente calligrafica. Il grembiule senza la stola sarebbe fatalmente sterile…

Don Tonino Bello

 
 

Simbolo sacerdotale

Sappiamo che stola e paramenti sacri vengono usati dai sacerdoti, ma forse è bene ricordare qui che ogni battezzato in Cristo diventa re, sacerdote e profeta ed è chiamato a svolgere nella sua vita queste tre funzioni. Perciò nel grembiule che ogni persona usa per i lavori quotidiani possiamo considerare presenti due significati che attingono e si completano a vicenda: servizio e sacerdozio.

 

Ecco cosa dice il Concilio Vaticano II nella Lumen Gentium, riguardo alla funzione sacerdotale dei laici:

Partecipazione dei laici al sacerdozio comune

34. Il sommo ed eterno sacerdote Gesù Cristo, volendo continuare la sua testimonianza e il suo ministero anche attraverso i laici, li vivifica col suo Spirito e incessantemente li spinge ad ogni opera buona e perfetta.

A coloro infatti che intimamente congiunge alla sua vita e alla sua missione, concede anche di aver parte al suo ufficio sacerdotale per esercitare un culto spirituale, in vista della glorificazione di Dio e della salvezza degli uomini. Perciò i laici, essendo dedicati a Cristo e consacrati dallo Spirito Santo, sono in modo mirabile chiamati e istruiti per produrre frutti dello Spirito sempre più abbondanti. Tutte infatti le loro attività, preghiere e iniziative apostoliche, la vita coniugale e familiare, il lavoro giornaliero, il sollievo spirituale e corporale, se sono compiute nello Spirito, e anche le molestie della vita, se sono sopportate con pazienza, diventano offerte spirituali gradite a Dio attraverso Gesù Cristo (cfr. 1 Pt 2,5); nella celebrazione dell'eucaristia sono in tutta pietà presentate al Padre insieme all'oblazione del Corpo del Signore. Così anche i laici, in quanto adoratori dovunque santamente operanti, consacrano a Dio il mondo stesso.

 

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