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Pastorale della consolazione Riduci
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BENVENUTO Riduci

“…Beati gli afflitti, perché saranno consolati…” (Mt 5,4)

Questo sito è dedicato a chi  ha perso una persona cara, accompagna una persona in lutto, è sensibile al problema della perdita, incontra difficoltà nell’affrontare il lutto.
Offrendovi questo spazio di condivisione e sostegno, di approfondimento e riflessione, di conoscenza e informazione, speriamo di esservi di aiuto: nel prendere coscienza del sentimento universale della sofferenza per una persona cara che ci lascia, nel riuscire ad elaborarlo e gestirlo per “ lasciarla andare in pace “, per rinnovare la  sua memoria trasformandola in dono da offrire ad altre persone che soffrono.

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Riflessioni sul lutto Riduci

Morte, dolore, fede, speranza: quattro questioni che intrecciandosi nei giorni del lutto aumentano il desiderio di capire e la sete di infinito, affinché il nostro orizzonte d’amore non si spenga in un buio di amarezza, di rabbia, di disperazione.
Spesso chi vive un lutto si sente come un lebbroso: nella società ha la sensazione di non avere più posto con il proprio dolore, gli amici cambiano strada in molti modi perchè non sanno come affrontare il tema della morte e del dolore, oppure si sentono impotenti, non sanno “cosa dire”.
Consolare allora assume il significato non di “cosa dire” ma “come stare” vicino a chi soffre. Stare in un silenzio che ascolta, entrando così nella sua solitudine e condividendone il peso, accogliendo le sue lacrime con il regalo della propria vicinanza.

Consolare non consiste nel fermarsi un attimo, nel mettere la mano sulla spalla e andare via come fanno il sacerdote e il levita che passarono oltre (Luca 10, 29-32). Non si può capire la consolazione se la separiamo da Cristo: Egli è l’unica risposta alle sofferenze, ai dolori, alla schiavitù e alla cecità degli uomini.
Tuttavia ci rendiamo conto che talvolta per prestare conforto si indica l’esempio delle sofferenze patite da Cristo, senza considerare che spesso chi perde un figlio, un coniuge, un genitore non vuole paralleli così impegnativi, anche perché si sente in qualche modo tradito ed abbandonato da Dio; spesso la fede si paralizza, perde la capacità di pregare, di fidarsi e affidarsi a Dio Padre, diventa muta. Il Salmo 69 grida a Dio tutta questa tristezza ed angoscia.

Morte e vita eterna: il nostro caro varca la soglia della morte portando con sé una parte della gioia e dolore condivisa con chi resta: ma dove va con la morte, come sarà la beatitudine del Paradiso, cosa significa rimanere per l’eternità a contemplare il volto di Dio…?  In Giovanni( 4,1 e seguenti) ci può consolare l’immagine della casa che Cristo ha preparato per noi ed il nostro caro che ci precede la orna e l’addobba con la gioia ed il dolore che ha condiviso con noi in vita. Così quando anche noi saremo con lui la troveremo già preparata ed addobbata. Noi siamo esseri spirituali che vivono un’esperienza terrena fatta di spazio e tempo: finito il nostro tempo terreno vivremo la vita eterna dove non ci sarà più spazio e tempo; possiamo avere solo una pallida idea di che cosa significhi se pensiamo a quegli istanti in cui il tempo sembra immobile. Allora intravediamo cosa può essere l’eternità: non un tempo lunghissimo e noioso, ma il tempo realizzato nella sua pienezza. “Come un attimo diventato eterno”.


Dunque la consolazione che deve arrivare al cuore della persona, nel suo intimo, è qualcosa di più delle parole. La consolazione autentica esige da chi consola disponibilità a condividere la sofferenza.

Nella Bibbia, Dio consola il suo popolo: “Io, io sono il tuo consolatore” (Isaia 51,12).  Chi esercita questo compito sa che la forza e le parole vengono dall’incontro quotidiano con Cristo nella preghiera. Dio è passione, compassione e consolazione per l’uomo. Lo stesso Gesù è la consolazione totale che Egli stesso offre all’umanità, senza esclusione di nessuno: “Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi, ed io vi ristorerò” (Matteo 11, 28-29).    
E' per questo che il nostro parroco  assieme alla comunità parrocchiale ci dice: “Io ci sono, voi siete la mia famiglia”, per dare a chi soffre speranza e amore. 

Annunciamo allora che la morte non è l’ultima parola, ma Gesù Cristo ha vinto la morte! Annunciamo a chi è smarrito che i propri cari vivono una dimensione nuova, sono angeli in cielo e sulla terra e che sono accanto a noi per comunicarci l’amore e ci invitano a donare amore, quell’amore che supera ogni barriera, che riempie ogni vuoto; quell’amore che unisce la terra al cielo. I nostri cari in cielo desiderano che la nostra fede cresca, e che la nostra profonda sofferenza per il loro distacco, possa essere illuminata dalla luce della Risurrezione e della fede. Ma per offrire questa sofferenza a Dio ci vuole tempo, attesa, discrezione.


Solo re-imparando a fare nuove esperienze di preghiera, a mettersi in relazione con se stessi, a comunicare di nuovo con gli altri ci si metterà in relazione con Dio che è amore, consolazione e guarigione.

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Anselm Gruen Riduci

Andrea Galli ha tradotto le risposte di Padre Anselm Gruen, teologo ed esperto di spiritualità e di psicologia, priore dell’abbazia benedettina di Muensterschwarzach, vicino a Francoforte.

L’eternità è l’intensità infinita dell’istante, un puro “esserci”; in questo esserci i vivi e i morti appartengono alla stessa grande famiglia, in una comunione che diventa reciprocità di aiuto. Dunque la morte non distrugge l’amore ma lo porta a compimento. Ci rivedremo in Dio. L’amore provato per il nostro caro che abbiamo lasciato andare viene trasformato e possiamo vivere la comunione con lui in ogni celebrazione eucaristica. Partecipiamo al banchetto mentre loro festeggiano in Cielo, nella contemplazione.

Possiamo chiedere con la preghiera ai nostri cari che ci diano forza per la nostra debolezza e ci indichino la via quando ci sentiamo smarriti. Ecco che i lati negativi che vedevamo del nostro caro in questa vita svaniscono perchè il suo amore per noi ora non ha più limitazioni terrene, è puro e libero da ogni pregiudizio e critica.

Di fronte all’esperienza del male e del dolore che mal si conciliano con la fede in un Dio amorevole e misericordioso A.Gruen risponde che certamente dolore e sofferenza entrano nel mondo attraverso l’uomo e la sua libertà, ma anche attraverso gli eventi e le catastrofi naturali; il motivo per cui ciò avviene ci sfugge ma se ci volgiamo a Dio e ci fidiamo e affidiamo alla Sua misericordia il nostro dolore viene lenito.
Rimane quindi dolore incomprensibile che ci fa sperimentare il mistero dell’incomprensibile amore divino.


Si può trovare Dio attraverso la morte?
Ancora Gruen ci consola: la morte ci schiude, ci fa sbocciare per Dio. Morendo entriamo nel Suo amore. Allora vedremo Dio così com’è e in Lui incontreremo l’autentica verità. Ci è lecito sperare che il Suo amore apra in noi tutto ciò che era chiuso nei Suoi confronti e ci renda capaci di Lui.

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